Il nuovo rapporto Istat sull’acqua, aggiornato a marzo 2020, si concentra sull’acqua potabile in casa degli italiani e sul loro rapporto con essa. Ciò che emerge è incoraggiante anche se siamo ancora lontani da una fiducia totale. Il 29% degli italiani dichiara infatti di non fidarsi di bere l’acqua del rubinetto in casa, sebbene sia dichiarata potabile dal comune. Il miglioramento è lento ma palpabile: nel 2002 il 40% delle famiglie dichiarava di non bere l’acqua del rubinetto. La distribuzione è tuttavia molto diversa tra Nord e Sud: al Nord-est coloro che non si fidano a bere l’acqua del rubinetto sono il 19,3% mentre nelle Isole si raggiunge il 54,9%. Toccano le percentuali più elevate Sardegna (59,9%), Sicilia (53,1%) e Calabria (48,8%). Il risultato è che 7 milioni e 400 mila famiglie non approfittano dell’acqua potabile erogata in casa.
Una perdita per tutti
Il problema è in realtà più grave di quello che sembri. Miliardi di euro sono spesi ogni anno dalla pubblica amministrazione per depurare e distribuire acqua potabile in tutte le case. Tuttavia, gli italiani non ripongono sufficiente fiducia nella risorsa e finiscono per acquistare acqua. In questo caso la perdita per la società tutta è doppia:
- lo stato utilizza ingenti risorse per effettuare una puntuale depurazione che poi non corrisponde ad un reale beneficio per i cittadini – poiché come vi abbiamo ricordato in questo articolo sulla raccolta dell’acqua piovana, per svolgere la maggior parte delle attività domestiche non è necessario acqua potabile
- le famiglie italiane spendono per l’acquisto di acqua
- l’ambiente ne paga le conseguenze con tonnellate di plastica evitabile (320 mila tonnellate di bottiglie d’acqua in PET nel 2018, di cui 30 mila disperse nell’ambiente)
Dov’è il problema dunque? Sempre nel rapporto Istat leggiamo:
Nel 2019 quasi tre famiglie su quattro (il 75,9%) si ritengono molto o abbastanza soddisfatte rispetto all’odore, al sapore e alla limpidezza dell’acqua. La quota di famiglie insoddisfatte è invece ben al di sopra della media nazionale in Sardegna (42,8%), Calabria (40,4%), Sicilia (38,8%) e Umbria (32,7%).
Confrontando la percentuale di famiglie che non si fida a bere acqua potabile in casa dal rubinetto con quella che non si ritiene soddisfatta da odore, sapore e limpidezza è facile individuare la correlazione: 29% vs 24%.
Il problema dell’acqua potabile in casa in Sardegna, Calabria e Sicilia
Uno dei principali problemi dell’acqua in Calabria e in Sicilia e senz’altro il razionamento. In particolare a Cosenza, Catanzaro, Trapani, Palermo, Enna e Sassari le misure di razionamento sono state estese a parte o tutto il territorio comunale per tutti i giorni dell’anno e non solo in estate. E’ facile capire dunque come per queste famiglia sia difficile contare sull’acqua potabile in casa. Per effetto del razionamento inoltre spesso l’acqua si presenta non limpida. Insomma, non siamo affatto stupiti da questa parte delle statistiche.
Quello che vorremmo approfondire invece è la situazione della Sardegna. Perché così tanta insoddisfazione e così poca fiducia nell’acqua del rubinetto in Sardegna? Uno studio dell’Università di Sassari, pubblicato su l’International Journal of Envinromental Research and Public Healt rivela che il problema principale potrebbe essere la comunicazione. Interruzioni nella fornitura, ordinanze di temporanea non potabilità o di anomalie nelle caratteristiche dell’acqua, sospetto inquinamento delle falde acquifere ad opera di metalli pensanti: uniamo tutto questo ad una comunicazione da parte degli enti comunali non chiara e troviamo il motivo per cui i sardi evitano l’acqua del rubinetto. Riscrivere la rete idrica isolana e regolamentare la chiarezza delle comunicazioni sarebbe un grosso passo avanti per il riconquistare la fiducia sarda.
Depurazione dell’acqua potabile in casa: utile o spreco?
Un porzione della consistente parte di famiglie che non si fida della qualità dell’acqua potabile comunale in casa, si affida invece alla depurazione. Depurazione di acqua già depurata? Per legge, l’acqua che arriva nelle nostre case deve essere inodore, incolore ed insapore. E’ un’acqua controllata ogni giorno e che rispetta oltre 35 parametri chimici e microbiologici, imposti dalla legge sulle indicazioni dell’OMS e degli organi europei. E’ dunque ovvio che se la vostra acqua è inodore, insapore e incolore non è affatto necessaria un’ulteriore depurazione che rappresenterebbe un costo inutile.
Se tuttavia, la vostra acqua presenta problemi, il depuratore potrebbe rivelarsi un’alternativa comoda – basta casse scaricate dalla macchina con dolori alla schiena – e sostenibile. Importante è non cadere preda di venditori truffaldini e scegliere il depuratore più adatto per la propria problematica.
Il depuratore adatto all’acqua potabile che si ha in casa
Prima di valutare qualsiasi acquisto, è necessaria sempre un’attenta analisi dell’acqua potabile che arriva in casa nostra. Ci sono metalli pesanti? C’è troppo cloro? C’è troppo calcare? Queste sono tutte domande da farsi prima di qualsiasi acquisto, pena rischiare di spendere in un prodotto che non riesca a risolvere il nostro problema.
E’ necessario inoltre tenere conto che il depuratore non fornisce acqua di qualità se non è ben manutenuto, anzi, può essere controproducente. Se non si cambiano i filtri antibatterici con le giuste tempistiche infatti il rischio è quello di ritrovarsi con un’acqua con una carica batterica molto più alta del normale e potenzialmente più pericolosa di quello che sarebbe se non passasse attraverso filtri sporchi.
Tuttavia, il depuratore, soprattutto quello ad accumulo, potrebbe essere utile in caso di razionamento dell’acqua, provvedendo alla depurazione e allo stoccaggio di tot litri di acqua e creando una riserva per i momenti di contingentamento.
Insomma, quello che è certo è che il nostro paese, avrebbe enormi vantaggi nel promuovere il consumo dell’acqua del rubinetto, a patto che riesca a risolvere alcuni problemi di fornitura e comunicazione. Anche promuovendo l’acquisto di depuratori nelle zone a maggiore criticità.